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Associazione XXI Secolo
Programma

Don Pasquale

By Mer 16 Marzo 2022 No Comments

Dopo i successi de L’Elisir d’amore e Cavalleria Rusticana, l’Associazione XXI Secolo di Viterbo è pronta al debutto della sua nuova produzione: il Don Pasquale di Gaetano Donizetti il 18 marzo ore 21 e il 20 marzo ore 16.30 al Teatro dell’Unione per la stagione nata dalla collaborazione tra il Comune di Viterbo e ATCL Circuito multidisciplinare del Lazio, sostenuto da MIC – Ministero della Cultura e Regione Lazio. Con la consueta direzione del M° Fabrizio Bastianini, la partecipazione dell’orchestra EtruriÆnsemble e dell’Ensemble vocale “Il Contrappunto”, diretto da David Barrios e la regia di Mariano Baudin.
I solisti che si alterneranno nelle repliche previste presso il Teatro Unione sono stati scelti tramite le selezioni della giuria della IX edizione del Premio Fausto Ricci, composta tra gli altri da Cecilia Gasdia e presieduta da José Carreras. Un premio lirico di levatura internazionale, in continua crescita, che ha dimostrato di sapere essere un ottimo trampolino di lancio per futuri talenti.
Questo Don Pasquale è anche il prologo di OperÆtruria, il Festival che ha riunito per il tramite dell’Associazione XXI secolo i teatri di Viterbo, Rieti, Civitavecchia, Chiusi e Orvieto, un “circuito lirico” che, fin dal suo debutto, coinvolge i più bei teatri del centro Italia.
Oltre alle scene curate da Nicola Rubertelli, i costumi di Marianna Carbone e l’assistenza alla regia di Marjolaine Uscotti, la produzione vede le collaborazioni dell’Istituto Francesco Orioli di Viterbo, della Scuola Musicale Comunale e del Liceo Musicale Santa Rosa.
Il trucco e parrucco è di Andrea Marchi, il light designer è Luigi Della Monica.
Le ultime fasi della produzione saranno ospitate presso il Teatro Unione, grazie al patrocinio del Comune di Viterbo all’interno della programmazione curata da Atcl.

È adeguatamente stato rilevato dalla musicologia più prestigiosa che il Don Pasquale di Gaetano Donizetti rappresenti un inedito esempio di nuovo stile di “Opera comica” post Rossiniana, e si colloca come anticipatore di Offenbach, del Verdi di Falstaff, e sul Puccini di Gianni Schicchi. Non più solo commedia, ma importanti e nuovi elementi drammaturgici: il dramma individuale del vecchio protagonista, non più un vecchio Pantalone gabbato, che spera ancora di poter impalmare un’avvenente e quanto mai giovane mogliettina; il gusto di un teatro Boulevardier che tocca scandalosamente nuovi temi quali l’adulterio e il divorzio; una nuova drammaturgia  musicale attenta al mutare dei gusti e delle mode e che nel genere comico era pronto ad attivarsi rispetto ad un nuovo melodramma, che, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, non si articolava più sull’aria staccata, o sul pezzo d’assieme di chiusura d’atto. L’allestimento rileva gli elementi musicali e drammaturgici che rimandano curiosamente ad un humus culturale posteriore a quello donizettiano, in particolare al clima belle époque-fine secolo delle opere di Jacques Offenbach appunto, o di Hervé. In questa prospettiva, si spiegano più chiaramente le soluzioni estetiche dell’allestimento: dal punto di vista delle scene, realizzate da Nicola Rubertelli, è evidente la presenza di una enorme “macchina” rotante che rivela un doppio  stile, da una parte ancorato a un tardo Ottocento, e dall’altra un chiaro ambiente Futurista, due mondi e due epoche chiaramente lontani dal Tempo, elementi linguistici di stili architettonici che mettono l’accento di quell’elemento drammaturgico che attraversa la vicenda e i personaggi del “Don Pasquale”, ovvero l’angoscia del Tempo; e ancora, i bei costumi di Marianna Carbone in sintonia con questa lettura che vuole apparire elegantemente Ottocentesca per il personaggio di Don Pasquale, o completamente moderna per il personaggio di Norina che pare uscita dal Grande Gatsby; infine, l’interpretazione, spesso ironica fino al surreale – soprattutto per i personaggi del dottor Malatesta e del Notaro – , che sembrano riferirsi a un mondo rievocato da una fantastica dissonanza tra My Fair Lady e l’estetica dannunziana; una regia che si costruisce su gesti ed atteggiamenti che rimandano a una nuova società borghese, un nuovo pubblico melodrammatico che stava dimenticando come si rideva, e, come ci si prendeva poco sul serio.

(Mariano Bauduin)

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