
Quando fa il suo ingresso nell’aula di tribunale in cui sarà giudicata per l’omicidio del suo giovanissimo amante, Gladys Eysenach viene accolta dai mormorii del pubblico sovreccitato e impaziente. È ancora molto bella, il tempo sembra averla “sfiorata come a malincuore, con mano cauta e gentile” e le donne presenti nell’aula sussurrano con invidia i nomi dei suoi innumerevoli amanti. La condanna sarà lieve, ma – qual è il vero movente dell’omicidio? Qual è la verità – quella verità che Gladys Eysenach ha cercato ad ogni costo di occultare, rifiutandosi di rispondere alle domande, ma dichiarandosi senza mezzi termini colpevole e supplicando i giudici di infliggerle la pena che merita? Quella verità che sotto la veletta nera sembra consumarla, rendendola così simile a Jezabel, l’ombra inquieta dell’Athalie di Racine?
Capace come pochi altri scrittori di scavare nel cuore femminile con implacabile, chirurgica precisione, Irène Némirovsky ci svela a poco a poco il segreto di questa donna che ha desiderato più di ogni altra cosa rimanere immutabilmente bella ed essere amata per sempre.
L’adattamento si è concentrato sulla lunga sequenza del processo – spietato affresco sociale di un’epoca che ancora racconta l’Europa – e, tornando indietro nel tempo, sulla notte dell’assassinio del giovane amante. Sul primo e l’ultimo dei capitoli di Jezabel. Trascurando tutto il racconto della misteriosa vita di Gladys Eysenach, per lasciare allo spettatore il piacere di andare alle pagine del libro e scoprirvi tutto ciò che la scena ha deliberatamente omesso per conservare, alludere e riscrivere – anche in musica e suoni – tutta la suspense di cui Nemirovsky è maestra.
Il suono drammatico, grottesco e solo a tratti lirico del clarinetto basso e il timbro più soave e imprevedibile del clarinetto sono una scelta timbrica e linguistica per raccontare la Francia in cui è immersa la storia e adombrare con reminiscenze ebraiche l’origine di Nemirosky.
Magistrali racconti dell’orrore, i romanzi della scrittrice russa sono infatti incubi a occhi aperti come se la storia – passata, presente, futura – fosse un cumulo di macerie e gli esseri umani un branco famelico di cani pronti a sbranarsi tra loro. “Racine descrive gli uomini come sono, Corneille come avrebbero dovuto essere”. Nemirovsky sceglie di stare dalla parte di Racine.