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I fratelli Karamazov è un romanzo cupo e disperato, che oscilla pericolosamente nell’incerto territorio in cui danzano avvinghiati Eros e Thanatos; è una storia assoluta, spietata, estrema, senza margini di riscatto, senza limiti, un duello tra uomini completamente sopraffatti dai nervi e avvinghiati in un ineludibile legame economico.
Con il rigore di un giudice istruttore, lo scrupolo di uno scienziato e l’insistenza di un investigatore, Fëdor Dostoevskij ci conduce in un viaggio negli abissi oscuri dell’animo umano, descrivendo un mondo che perde i suoi referenti culturali e svilisce i valori etici più profondi, un mondo ove l’interesse personale diviene la mozione primaria d’ogni atto, ove trionfa il soddisfacimento sfrenato del desiderio.
L’ultimo romanzo di Fëdor Dostoevskij ha la grandezza e la forza di un inferno dantesco, è una comédie humaine alla russa, dove bestie umane si agitano sulla scena del mondo, dove il denaro, il fango e il sangue scorrono insieme.
Dostoevskij sembra scagliare un monito all’umanità ferita e spaesata: “conoscerai un grande dolore e nel tuo dolore sarai felice. Cerca la felicità nel tuo dolore”.
Oggi la lingua non è più del cuore, come diceva Paracelso, ma della mente. La parola sembra soccombere nelle paralizzanti spire dell’ossessione comunicativa, stritolata da un’angoscia semantica.
Proprio per questo ci sembra necessario rileggere e mettere in scena il capolavoro di Dostoevskij che ci restituisce il coraggio di essere nuovamente eloquenti e profondamente umani.
Matteo Tarasco
Per ben due volte la nostra compagnia ha raccontato Dostoevskij. Due assoluti capolavori: “L’idiota” e “Delitto e castigo”. Dostoevskij, Shakespeare e Beckett sono stati i tre grandi autori che mi hanno aiutato a tentare di capire la vita: la immensa tavolozza dei colori dell’animo umano di Shakespeare, la tragedia del vivere che diventa farsa e la farsa del vivere che diventa tragedia di Beckett e Dostoevskij che mi ha fatto capire la magnifica responsabilità che ha l’uomo di comprendere l’uomo.
Dostoevskij non giudica mai: racconta la vita anche nei suoi aspetti più negativi con sempre una grande pietà per quell’essere meraviglioso e a volte orrendo che è l’essere umano.
La famiglia Karamazov devastata da litigi, violenze, incomprensioni, da un odio che può giungere al delitto, oggi come oggi appare, purtroppo, un esempio di questa nostra società così incline all’incapacità di comprendersi e di aiutarsi. Anche il sentimento dell’amore spesso viene distorto in un desiderio insensato di violenza.
Così sono i Karamazov – Così siamo noi?
Ma Dostoevskij è un grande poeta dell’animo umano e anche da una terribile storia riesce a donarci bellezza e poesia.
Glauco Mauri
di Fëdor Dostoevskij
con Glauco Mauri, Roberto Sturno
e con (in ordine di entrata) Paolo Lorimer, Pavel Zelinskiy, Gabriele Anagni, Laurence Mazzoni, Maria Chiara Centorami, Viviana Altieri
regia Matteo Tarasco
scene Francesco Ghisu
costumi Chiara Aversano
musiche Giovanni Zappalorto
luci Alberto Biondi
Produzione Compagnia Mauri Sturno – Fondazione Teatro della Toscana
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