Il cinema è stato da subito una grandissima ispirazione sia metodologica che visiva. Nanou ha preso come riferimento l’a/gerarchia di certa espressione cinematografica, quella in cui regia, suono, montaggio, performance, luci… collaborano per la realizzare un oggetto complesso (il film, lo spettacolo) che si avvale di tutte le competenze messe in campo e ne afferra le massime espressioni.
La possibilità di “tagliare il tempo e lo spazio” che certo cinema si è sempre permesso, ha dato suggerimenti, direi quasi istruzioni, per la costruzione del linguaggio di Nanou.
In un qualche modo, Nanou fa “cinema dal vivo”. Ce lo siamo sempre detti.
Non abbiamo mai usato un riproduttore video in scena, a meno che non fosse oggetto materico lui stesso. Ci hanno accompagnato dei televisori a tubo catodico in alcune installazioni. Oggetti che raccontavano presenze in altri tempi e spazi.
E’ sempre stato chiaro che l’uso del video doveva essere indagato e non dato per scontato, come tutti gli strumenti che Nanou mette in campo.
Se nelle installazioni, il video era utilizzato per aprire spazi narrativi e temporali in un luogo agito dallo stesso spettatore, ora l’indagine del movimento della videoripresa viene indagata per afferrare la vertigine che si prova nel guardare e nell’agire una coreografia, con la consapevolezza che la videocamera è uno sguardo, dunque un peso, uno spazio e non un oggetto che si indossa, che casualmente osserva qualcosa. E una partenza. Che meraviglia!
Alphabet: video – movimento
Ripensando al passato, immaginando un futuro