
C’è una famiglia che si sfalda lentamente. Ci sono due genitori, entrambi cambiati. C’è una sorella che è partita. C’è la Signora del pongo con i suoi omini cattura segreti, Paolo che ama dormire. E poi c’è un figlio, che è anche un fratello e che è un bambino, che racconta una storia in apparenza elementare.
La costanza della mia vita è il racconto di un costante processo di separazione famigliare, il tutto filtrato da occhi e orecchie ancora abituati alle favole. Il protagonista del monologo assiste inerme agli eventi che colpiscono lui e chi gli sta intorno, obbligandolo ad entrare precocemente nel complesso mondo dei grandi. Il flusso di coscienza che si consuma sul palcoscenico è dunque un goffo tentativo di comprensione, una disperata e infantile negazione di ciò che è stato, nonché una protezione verso l’esterno e le sue brutture.