
“L’Ebreo” ripercorre gli anni delle leggi sulla discriminazione razziale emanate dal regime fascista, in cui molti ebrei, presagendo un destino incerto, avevano pensato di “salvare” i loro beni materiali da presumibili espropri, intestando le loro proprietà a prestanome fidati di razza ariana. Marcello Consalvi, ragioniere dall’oscura personalità e residente in uno splendido appartamento borghese nel ghetto ebreo di Roma con la moglie Immacolata è uno dei fortunati beneficiari al quale il suo padrone ha intestato tutte le sue proprietà. La vita scorre nell’agio e nella serenità fino a quando, improvvisamente, dopo 13 anni, il vecchio proprietario torna nella loro vita, bussando alla porta. I due decidono di non aprire: devono pensare a una soluzione per non perdere tutto il loro sfarzo per non tornare di nuovo all’ormai dimenticata vita di stenti e privazioni. Passano i giorni, ma il vecchio continua a bussare al portone. I due coniugi allora, ormai sull’orlo di una crisi di nervi, presi da un raptus incontrollabile decidono che l’unico modo per porre fine al problema è eliminare il povero ebreo. Metteranno in moto questa macchina omicida, colpendolo alla testa e nascondendo il corpo sotto un tappeto. Ma il portone continuerà a bussare ancora e ancora: da quel momento, chiunque busserà all’uscio sarà per loro il fantasma del vecchio. Tutto questo li porterà alla follia.