Si aprono crepe nelle lingue a parlare di Africa ed Europa, di corpi-territori e di confini che opprimono. Si prova a condividere sogni e desideri. Eun senso di estraneità. Ci si vorrebbe liberare dai propri fantasmi. Sulla terra, nel mare, in mezzo alle altre creature, una nuova comunità emerge dal suo stato di invisibilità. E intraprende un viaggio che a volte è un discorso, a volte una lotta. In questo viaggio, i margini dei ritratti dei singoli si dissolvono. Emerge un organismo più ampio che procede insinuandosi tra i differenti paesaggi. Si sfumano i confini dall’uno al molteplice mentre l’ambiente viene attraversato e squarciato. Il dialogo tra visione, movimento e suono si adatta e riassesta ad ogni passaggio, come dopo un terremoto, quando bisogna ricostruire certezze andate in frantumi. Con le parole if – there – is – no – sun si evocano coloro che ci hanno preceduto e che hanno acceso altri soli, immaginando nuove possibili umanità… «Lasciateci arrivare in quel posto in mezzo ai nostri sogni, dove tutte le luci sono nostre. Facciamo sì che la nostra voce sia il nostro cibo. Possano i nostri pensieri essere muscolosi. Lasciateci arrancare nel nostro mare».*